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La pandemia globale del 2020 si è trasformata nel tempo in una malattia simil influenzale tuttavia, sono esplose molte polemiche non solo sul computo dei deceduti effettivi, ma anche sulla vaccinazione di massa perché, in vari casi, gli effetti avversi dei vaccini Covid-19 sono stati molto più pesanti del previsto. Vediamo quindi di trarre alcune conclusioni sulla base degli studi effettuati negli ultimi anni in materia.
I dati internazionali relativi ai vaccini Covid-19
La ricerca condotta dall’istituto Mario Negri, e aggiornata a maggio di quest’anno, ha portato alla conclusione che i benefici dei vaccini hanno superato nettamente i rischi.
Uno studio inglese del marzo 2023, citato dall’istituto Negri, ha analizzato i dati su tutti i residenti del Regno Unito tra i 12-29 anni e non ha riscontrato aumenti particolari di mortalità nei tre mesi seguenti alla vaccinazione a mRNA per contrastare il Covid-19.
Risultati simili emergono dallo studio commissionato dalla regione Veneto, senza riscontrare incrementi significativi di decessi tra 2021 e 2022 rispetto al periodo 2018-19 nei pazienti fino a 40 anni.
Analoghe conclusioni arrivano da uno studio australiano sull’intera popolazione vaccinata, ma che si concentra sui giorni immediatamente successivi all’inoculazione del siero, e da una ricerca del Clinical Infection Diseases americano del marzo di quest’anno che ha registrato 156 decessi ogni 100.000 vaccinati, a 60 giorni dalla vaccinazione, rispetto a 185 deceduti tra i non vaccinati ogni 100.000 abitanti.
I dati ufficiali dell’Aifa sui vaccini Covid 19 in Italia
Il 14° rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) analizza l’evoluzione tra 27 dicembre 2020 e 26 dicembre 2022 in merito ai casi avversi segnalati inoculando i tre vaccini di punta:
- Comirnaty (Pfizer/BioNTech), vaccino a mRNA disponibile nella formulazione pediatrica e per adulti
- Spikevax (Moderna), vaccino a mRNA
- Vaxzevria (AstraZeneca), vaccino a vettore virale ricombinante (più simile ai vaccini tradizionali).
Il vaccino Comirnaty è stato il più diffuso e inoculato in 96.309.064 dosi con 93.179 segnalazioni di effetti collaterali, pari a 97 casi ogni 100.000 pazienti.
Spikevax presenta 21.310 segnalazioni su 34.320.448 inoculati che corrispondono a 62 reazioni avverse ogni 100.000 dosi.
Vaxveria infine segnala 24.383 eventi avversi su 12.172.625 inoculazioni e la percentuale è più alta perché corrisponde a 200 casi ogni 100.000 vaccinati.
Percentuale di casi gravi e decessi complessivi
81,3% degli effetti collaterali non sono gravi, mentre il 18,7% dei pazienti ha avuto reazioni più pesanti e 971 hanno avuto esito fatale. Il 46% dei decessi (pari a 442) si riferisce a donne e il 53% a uomini (516), con età media di 74,6 anni.
Nel 69% degli eventi il decesso è avvenuto entro 14 giorni, in quelli restanti l’intervallo di tempo è stato più prolungato. 546 persone sono decedute dopo la prima dose e altre 300 dopo la seconda. 111 pazienti sono invece deceduti dopo la terza e solo 14 avevano appena fatto anche la quarta dose.
Tuttavia i calcoli non sono definitivi e l’Aifa cita l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che, sulla base dei suoi algoritmi, spesso non individua una causalità tra vaccino e decesso per mancanza di informazioni.
In molti casi, non sembra esserci la prova che il vaccino abbia provocato queste morti repentine, quindi i casi ritenuti davvero fatali sono una minoranza di poche decine di unità.
Le reazioni avverse per ogni vaccino
Secondo i dati aggiornati al 26 dicembre 2022, dopo due anni di campagna vaccinale, la Rete Nazionale di Farmacovigilanza Aifa ha registrato in Italia 140.595 segnalazioni di effetti collaterali su 144.354.770 dosi di vaccino e il tasso è pari a 97 eventi negativi ogni 100.000 dosi.
Vaccino Comirnaty (Pfizer/BioNTech) Monovalente
Complessivamente, ci sono 92.971 segnalazioni e il tasso è pari a 100 casi ogni 100.000 dosi somministrate di cui il 17% è considerato grave nell’arco delle due settimane successive alla somministrazione della dose. A livello di patologie generali compaiono in modo transitorio febbre e stanchezza, ma non mancano problemi del sistema nervoso (formicolii agli arti, cefalee e capogiri).
Sul piano muscolo-scheletrico prevalgono i dolori delle articolazioni e le patologie gastrointestinali sono state altrettanto diffuse, colpendo in forma più grave i pazienti tra 40 e 59 anni.
Si registrano inoltre 2,7 casi di miocarditi ogni 100.000 dosi, in fascia 20-59 anni con lieve superiorità di donne, 6,3 casi di pericarditi e 5,6 casi di paralisi periferica del nervo facciale (specie tra soggetti fra 30 e 60 anni con leggere prevalenza femminile) e incidenza maggiore di queste tre patologie dopo la prima dose di vaccino.
Vaccino Cominarty bivalente (adattato anche alle varianti Covid)
Le patologie sono simili al vaccino monovalente con incidenza maggiore dopo la prima dose e in pazienti di età media pari a 57 anni, specie donne. Nel complesso, le reazioni con i vari tipo di vaccini bivalenti coinvolgono pazienti tra 40 e 69 anni e i casi avversi più gravi hanno oscillato tra 14% e 27% in questa fascia di età.
Vaccino Spikevax (Moderna)
La rete nazionale di Farmacovigilanza ha registrato 21.305 segnalazioni di effetti collaterali con tasso di 62 casi ogni 100.000 inoculazioni. Le situazioni più gravi sono 23% del totale anche se spesso a regime transitorio e soprattutto nella fascia di età compresa fra 30 e 59 anni con lieve superiorità di casi tra pazienti femminili.
Le patologie sono sostanzialmente quelle registrate per il vaccino Cominarty e con maggiore incidenza nei 14 giorni successivi alla somministrazione della prima dose (6,5 casi ogni 100.000).
Gli eventi avversi di miocardite per il vaccino Moderna sono superiori con la seconda dose (7,2 casi su 100.000) rispetto alla prima (6,8), più stabili per le pericarditi (5,5%) ma emergono anche 6 casi ogni 100.000 di paralisi del nervo facciale.
Vaccino Vaxzevria (AstraZeneca)
Questo vaccino, a differenza dei primi due ha visto una progressiva riduzione delle dosi e complessivamente si registrano, tra dicembre 2020 e giugno 2022, 24.002 segnalazioni di effetti collaterali con un tasso di 197 casi ogni 100.000 inoculazioni.
Circa il 79,5% non riguarda casi significativi, mentre il 20,4% è stato più grave. 5 casi su 100.00 riguardano febbre molto alta e cefalea, seguiti da nausea e vomito, oltre ad alcuni casi di trombosi in fase di studio e già denunciate anche in un tribunale, a partire dal Regno Unito, dove fioccano richieste di risarcimento danni.
Gli sviluppi recenti sugli effetti avversi dei vaccini Covid 19
L’infettivologo Antonio Cassone ha commentato su Repubblica uno studio internazionale molto ampio del maggio di quest’anno dedicato agli effetti avversi dei tre vaccini più usati durante la campagna anti Covid 19 e ne ha sottolineato soprattutto i benefici.
Tuttavia Cassone precisa che questo studio (Global Covid Vaccine Safety) ha esaminato quasi 100 milioni di persone vaccinate che hanno ricevuto circa 250 milioni di dosi, dalla prima alla quarta.
All’iniziativa hanno partecipato una decina di Paesi europei, Italia esclusa, oltre a Canada, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda per stabilire gli effetti avversi più importanti entro 42 giorni dall’inoculazione di ogni dose ed è emerso che alcune patologie si sono manifestate nei vaccinati più di quanto ci si aspettasse.
Le conclusioni di Cassone
Secondo Cassone, non è allarmante il raddoppio da 10 a 20 casi di mielite traversa (infiammazione del midollo spinale) con il vaccino Astrazeneca, ma fa comunque riflettere che, dopo la seconda dose di vaccino Moderna, gli episodi di miocardite abbiano riguardato alcune migliaia di soggetti, pur in rapporto a milioni di dosi somministrate.
La conclusione di Cassone è significativa: occorre utilizzare i vaccini, ma valutando la reale necessità nelle varie fasce di popolazione, evitando di somministrarli in modo generalizzato, per evitare l’incremento di miocarditi fra gli adolescenti.
Questa linea di condotta, già seguita da alcuni Paesi nord europei, boccia di fatto il ricorso alla vaccinazione di massa, mirando invece alla distribuzione delle dosi ai soggetti più anziani e vulnerabili per evitare rischi di effetti collaterali pesanti tra i più giovani dove l’incidenza del morbo si è rivelata molto bassa.
